Uno degli stereotipi più diffusi e più duri a morire nel mondo del lavoro è che i cinquantenni siano troppo vecchi per poter proficuamente cercare un nuovo lavoro.

Tendiamo purtroppo a pensare che un cinquantenne sta cercando una nuova opportunità per due motivi: o è in difficoltà (non ha un lavoro o non ha successo nel suo lavoro), o al contrario, dall’alto della sua esperienza vuole tentare una ulteriore scalata. Nel primo caso lo consideriamo un “rottame” difficile da aiutare, nel secondo una pericolosa e costosa minaccia. Inoltre chi a vario titolo si occupa di selezione è portato a pensare che il cinquantenne sia poco flessibile e poco disposto a mettersi in discussione.

I disoccupati sono per metà over 50

E’ un problema che ha ripercussioni oggettive sul mercato del lavoro: si calcola che in Europa, negli ultimi cinque anni, un disoccupato su due abbia più di cinquanta anni.

Ma davvero, in un mondo in cui oggi un cinquantenne ha da poco superato l’età per diventare genitore ed è nel pieno delle proprie energie fisiche e mentali, possiamo ancora considerarlo “superato”? E’ evidente che ci troviamo davanti ad una gigantesca anacronistica discriminazione, basata sull’errata convinzione che una carriera sia un percorso di crescita lineare, in cui una semplice battuta di arresto debba necessariamente essere l’inizio di una parabola discendente.

Non esistono rimedi normativi risolutivi

Certamente potrebbero tornare utili alcune misure “protettive”, come per esempio gli sgravi fiscali potenziati per chi assume over 50 o il divieto di evidenziare la propria età sul CV. D’altro canto qualsiasi “trovata” per aumentare il tasso di occupazione degli over 50 non farebbe altro che sottolineare come la categoria degli over 50 sia una categoria che necessita di protezione.

Cambiare mentalità

La via maestra per risolvere il problema sta in un cambio profondo di mentalità proprio dei diretti interessati.

Dobbiamo accettare l’idea che ormai sia finito quel mondo lavorativo costituito da livelli di gerarchie immutabili, da posti fissi o da prevedibili e rassicuranti scatti di anzianità. Fare carriera oggi significa avventurarsi in un lungo viaggio fatto anche di battute di arresto, di cadute o di momenti in cui si corre di meno e si conta di meno. Un viaggio dove però ci sono anche i momenti della rinascita, del riscatto, del voltare pagina.

Invece mi capita purtroppo spesso di osservare cinquantenni che si abbattono e che preferiscono il sussidio al rimettersi in gioco con umiltà, che vivono di ricordi, che confermano lo stereotipo del cinquantenne orgoglioso, rigido, che parla male di tutti e non accetta di avere a che fare, ad esempio, con un capo trentenne che guadagna più di lui. Fortunatamente sono una minoranza ma sono ancora troppi per poter sonfiggere definitivamente lo stereotipo dell’over 50 “incollocabile”. Se non cambiamo noi che ci avviciniamo alla fatidica soglia, rischiamo di consolidare un’idea perversa di mercato del lavoro, dove si è troppo vecchi a cinquanta anni e troppo giovani a trenta.

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